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giovedì 27 agosto 2015

Fecondazione: Corte Edu 'boccia' richiesta donazione embrioni a ricerca

Roma, 27 ago. (AdnKronos Salute) - Impedire a una donna di donare gli embrioni ottenuti da fecondazione in vitro ai fini della ricerca scientifica non è contrario al rispetto della sua vita privata. Lo ha deciso la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sua sentenza relativa al caso della vedova di Nassiriya, Adele Parrillo.

Nella sentenza sul caso Parrillo contro Italia (ricorso 46470/11), la Corte europea dei diritti dell'uomo "ha dichiarato, con 16 voti a 1, che non c'è stata nessuna violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Il caso riguardava il divieto contenuto nella legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita vigente in Italia, "che impediva alla signora Parrillo di donare embrioni ottenuti da fecondazione in vitro, che non erano stati impiegati per una gravidanza, alla ricerca scientifica".

"La Corte, che è stato chiamata per la prima volta a pronunciarsi su questo problema", si legge in una nota dei giudici di Strasburgo, aveva giudicato ricevibile l'ipotesi di violazione dell'articolo 8, dato che "gli embrioni in questione contenevano materiale genetico della signora Parrillo e di conseguenza rappresentano un elemento fondamentale della sua identità. La Corte, ha ritenuto, in via preliminare, che in Italia doveva essere dato un notevole margine di manovra su questa delicata questione, come confermato dalla mancanza di un consenso europeo e testi internazionali in materia".

"La Corte ha poi ricordato che il processo di elaborazione della legge 40/2004 aveva dato luogo a notevoli discussioni e che il legislatore italiano aveva preso in considerazione l'interesse dello Stato nel proteggere l'embrione e l'interesse delle persone a esercitare il loro diritto all'autodeterminazione", anche se in questo caso "non era necessario esaminare la delicata e controversa questione di quando inizia la vita umana, dato che non era stato invocato l'articolo 2 (diritto alla vita)". Infine, notando che "non c'è alcuna prova che il compagno defunto della signora Parrillo avrebbe voluto donare gli embrioni alla ricerca medica, la Corte ha concluso che il divieto in questione è necessario in una società democratica".

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