Berlino, 10 feb. (Adnkronos/Cinematografo.it) - Sembra l'ennesimo romanzo sulla grande tragedia, invece no: dopo pochissime pagine, anzi righe, diventa chiaro che narrativamente ha una potenza inusuale e i personaggi sono 'molto forti, incredibilmente vicini', per dirla con il titolo del film di Stephen Daldry, fuori concorso alla 62ma Berlinale.
Se il romanzo risucchia il lettore, l'adattamento cinematografico e' coinvolgente, a tratti debordante e meno crudele del testo originale ma in sintonia perfetta con l'esuberante piccolo protagonista. Fuori e dentro lo schermo. Che ha un talento fuori del comune come lo scrittore che lo ha creato Jonathan Safran Foer. Lo stesso del caso letterario 'Se niente importa', l'inchiesta sugli allevamenti intensivi e dell'esordio-autobiografia 'Ogni cosa e' illuminata', diventata anche in questo caso un film (con Elijah Wood).
Il motore scoppiettante di 'Molto forte, incredibilmente' vicino si chiama Oskar, ha 9 anni e passa la maggior parte del tempo a fantasticare: dalla sua mente escono trame laboriose, tesori che non esistono, oggetti prodigiosi e inutili. Tanta iperattivita' ha una premessa brutale e difficile da accettare: il padre (Tom Hanks) e' scomparso dopo sei messaggi lasciati in segreteria: "Ciao, c'e' qualche problema qui alle Torri Gemelle, ma e' tutto sotto controllo". "Per finire con la supplica: sei li? Se ci sei rispondi".
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