Roma, 22 mar. (Adnkronos/Cinematografo.it) - "Siamo amici da 7-8 anni, ci siamo incontrati a cena, Salman Rushdie mi ha chiesto: 'Ma quale libro vorresti adattare?'. Gliel'ho detto, a detenere i diritti era lui, ed ecco il film". Cosi' la regista indiana Deepa Mehta ripercorre brevemente la genesi de 'I figli della mezzanotte', tratto dal bestseller di Rushdie vincitore del Booker Prize e dal 28 marzo nelle nostre sale in 50 copie con Videa CDE.
Nel film, allo scoccare della mezzanotte del 15 agosto 1947, mentre l'India dichiara l'indipendenza dal Regno Unito, due neonati vengono scambiati in una clinica di Bombay: Saleem Sinai, figlio illegittimo di una donna povera, e Shiva, erede di una coppia benestante, vivranno l'uno il destino dell'altro, intrecciando inesorabilmente le proprie vicende a quelle turbolente del Paese asiatico.
"Non e' una storia vera, ma ne ho parlato a lungo con Rushdie, perche' era importante capire cosa significassero per lui i poteri di questi figli della mezzanotte, ovvero, la metafora delle potenzialita' e della speranza dell'India. Da parte mia, mi sono chiesta come rappresentarli: non volevo fare Harry Potter o X-Men, piuttosto, ho pensato a Ugetsu di Kenji Mizoguchi", dice la Mehta, indiana trapiantata in Canada, gia' nominata all'Oscar per 'Water'.
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