Milano, 6 feb. (Adnkronos Salute) - Il buio nella mente che offusca la felicità di diventare mamma. Dare alla luce un bimbo non è sempre solo rose e fiori. A volte, lo spettro della depressione getta un'ombra sulla gravidanza e sulla vita con il bebè dopo il parto. In Lombardia succede a una mamma su 3, secondo quanto emerge da un'indagine condotta dall'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) su oltre mille cittadini - 502 donne e 500 uomini fra i 25 e i 55 anni - e presentata oggi a Milano.
Fra gli intervistati un genitore su 3 ha vissuto questa esperienza, fra mamme che affermano di essersi scontrate con la depressione perinatale o papà che riferiscono di avere una partner che ne ha sofferto, soprattutto in occasione del primo figlio. Il totale degli intervistati lo ritiene un disturbo grave. Nel campione delle partecipanti alla survey (che comprende anche non mamme), il 20% dichiara di aver ricevuto una diagnosi di depressione perinatale o pensa comunque di averne sofferto, in media all'età di 31 anni e durante la prima gravidanza. La vita che cambia, le nuove responsabilità di una neo mamma, gli squilibri ormonali, la fragilità e la debolezza emotiva, lo stress del parto e il sovraccarico di impegni: questi i principali fattori di rischio riconosciuti dagli intervistati. Mentre i sentimenti provati più di frequente sono tristezza e irritabilità , senso di inadeguatezza e perdita di interesse.
Il problema è che, tra coloro che hanno sofferto di depressione in gravidanza o post-partum, meno della metà ne ha parlato con un medico. Chi lo ha fatto e ha ricevuto una diagnosi si è rivolta principalmente al medico di famiglia (43%), in misura minore allo psicologo (22%) o al ginecologo (19%). In Italia circa il 16% delle donne si ammala di depressione perinatale. Su questo fronte è nato anche un progetto biennale di ricerca indipendente finanziato dalla Regione Lombardia e svolto dall'Azienda ospedaliera Fatebenefratelli e oftalmico di Milano, in collaborazione con Onda e con la partecipazione dell'associazione Progetto Itaca. L'obiettivo è formare gli operatori sanitari, individuare precocemente la patologia, promuovere un trattamento tempestivo ed efficace e, non ultimo, sensibilizzare la popolazione sul tema.
Nel complesso, infatti, i lombardi si reputano poco preparati: le fonti informative più usate sono l'esperienza diretta o indiretta e il 'sentito dire', oltre a Internet e alla stampa. Quasi il 50% delle donne intervistate, finché non si scontra col problema, fatica a ipotizzare che le possa capitare davvero. "Ogni anno, in Italia, la depressione perinatale colpisce tra le 55 mila e le 80 mila donne", afferma Francesca Merzagora, presidente di Onda. Secondo l'indagine, continua, "tra chi non ne ha mai avuto esperienza, solo una donna su 4 e un uomo su 10 si reputano in grado di riconoscere il disturbo". Serve "maggiore informazione. Chi l'ha sperimentata direttamente, evidenzia la necessità che istituzioni e strutture sanitarie attuino iniziative concrete". L'iniziativa lombarda punta a "supportare le madri in difficoltà e i papà mediante la creazione di gruppi di sostegno".
Cruciale la vicinanza e il supporto dei familiari e del partner. Gli uomini senza esperienza personale di depressione perinatale affermano che si sentirebbero coinvolti in prima persona, ritenendola quasi un problema 'di coppia' (72%); in realtà , solo il 50% di quelli che l'hanno sperimentata si è sentito partecipe e in grado di supportare la compagna. Il progetto regionale, commenta Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di salute mentale e neuroscienze del Fatebenefratelli e coordinatore scientifico del progetto, "sta consentendo a psichiatre, psicologhe e pediatre di recarsi direttamente a casa di donne che da poco hanno partorito, per dare conforto, attenzione e cura per superare questo momento difficile. Una delle situazioni che aggravano la condizione depressiva è la difficoltà culturale e linguistica. Non a caso molte donne coinvolte sono straniere, libanesi, cinesi, peruviane, o donne che hanno sposato uomini di altri Paesi e culture".
Un'équipe dedicata, spiega Luca Bernardo, direttore del Dipartimento materno-infantile del Fatebenefratelli e coordinatore scientifico del progetto, "va a domicilio. Un neonatologo pediatra può parlare con la mamma e visitare il bambino dal punto di vista armonico, del movimento, della tonicità e della suzione. Questa valutazione consente di dare alla mamma in difficoltà la serenità di cui necessita durante il difficile percorso della maternità . L'obiettivo finale è di farle comprendere che questa situazione non è determinata dalla sua incapacità o inadeguatezza al ruolo di madre e che è necessario affrontarla con l'aiuto di professionisti dedicati. I problemi di comunicazione che a volte ci sono tra genitore e medico possono essere superati dal modello di presa in carico della paziente proposto dal progetto: si crea un rapporto chiaro, diretto e intimo, nell'ambiente protetto e accogliente della casa".
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