Torino, 25 set. (LaPresse) - "Non possiamo fare altro, siamo con le spalle al muro e non abbiamo niente da perdere". Racconta così Francesco, 35 anni, la sua scelta di partecipare all'occupazione di una palazzina di quattro piani a Torino in zona San Paolo insieme ad altre famiglie in difficoltà. "Ho un figlio di due anni e mezzo", spiega. Si chiama Oscar. "Il 30 settembre abbiamo lo sfratto esecutivo. Io mio figlio non lo porto a dormire in mezzo a una strada. Lo Stato ci ha girato le spalle. Ho la partita Iva - racconta - lavoravo come preparatore di auto, ma non si riesce, alla fine ti truffano sempre. Mia moglie lavora, ma fa le pulizie", tira su solo poche centinaia di euro al mese. "Al nido non c'è posto, i servizi sociali non ti aiutano". Quella di occupare, riassume, "è la cosa giusta da fare".
Una storia non molto diversa da quella di Luana. E' romena ma è da dieci anni in Italia. "Domani - racconta - ci buttano fuori, c'è lo sfratto esecutivo". Ha cinque figli, il più grande di 15 anni, l'ultimo, nato a Torino, di quattro; anche lei fa le pulizie. "Con quei 300 euro al mese che guadagno - dice - che facevo, pagavo l'affitto o davo da mangiare ai bambini? Mio marito faceva il muratore, lavorava in un cantiere. Ma quando ti assumono ti fanno firmare un foglio bianco e quando ti vogliono mandare via ci scrivono la tua lettera di dimissioni. Le imprese fanno tutte così. Anche a mio padre hanno fatto la stessa cosa. Adesso siamo qui, vediamo un po' che succede. Ma se arriva la polizia io non mi faccio portare via, non so dove andare".
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