Milano, 5 ott. (Adnkronos Salute) - Dodicesimo giorno consecutivo di Pm10 alle stelle nei cieli di Milano, che si prepara ai primi blocchi del traffico della stagione. E proprio dal capoluogo lombardo, dove i bimbi arrivano ad ammalarsi anche 3 volte al mese, circa un terzo in più rispetto ai coetanei delle città del Centro-Sud Italia, sta per partire un maxi-studio sugli effetti dello smog nei piccoli. L'indagine scatterà il 1 novembre e coinvolgerà in tutto 750 'under 18' (250 entro i primi 5 anni di vita e 500 dai 5 ai 17 anni) con problemi respiratori: broncospasmo ricorrente (respiro che 'fischia') o asma vera e propria. La ricerca durerà un anno e si propone di 'pesare' il reale impatto dei vari tipi di sostanze inquinanti sui bronchi e i polmoni dei bambini. "Più esposti ai danni dello smog, ma meno considerati" dalle indagini di settore, denunciano gli esperti.
A lanciare lo studio, tra i primi del genere nella Penisola, è l'Ambulatorio di pneumologia dell'Unità operativa complessa di Pediatria 1 della Fondazione Policlinico. Susanna Esposito, direttrice facente funzione della Uoc, l'ha presentata alla stampa questa mattina insieme alle colleghe Paola Marchisio (responsabile dell'Ambulatorio di infettivologia respiratoria), Maria Francesca Patria (a capo dell'Ambulatorio di pneumologia e allergologia pediatrica) e Samantha Bosis (Ambulatorio di infettivologia e immunoprofilassi).
"Sugli effetti dell'inquinamento ambientale nella popolazione pediatrica non ci sono ancora dati raccolti da veri e propri studi - spiega Esposito - Sappiamo che in inverno i bambini si ammalano di più, ma resta ancora da quantificare il reale impatto dello smog da una parte, e dall'altra dei virus o di fattori diversi come ad esempio le allergie, l'età, il fumo materno, il numero di ore trascorse all'aria aperta e il fatto di abitare in zone più o meno trafficate. Ora vogliamo fare chiarezza", con un lavoro che potrebbe anche servire a orientare meglio gli interventi delle Istituzioni.
Già in febbraio - sempre in pieno 'allarme rosso' smog a Milano - i pediatri di via Sforza avevano sottolineato che, rispetto ai coetanei del resto d'Italia, i bimbi di Milano finiscono 'sul podio' per numero di infezioni respiratorie totalizzate ogni anno: "In media 6-7 episodi nei primi 3 anni di vita e 4-5 negli anni successivi", con punte massime di "1-3 casi al mese perlopiù nel periodo invernale". In altre parole, in città i piccoli si ammalano "circa il 30-35% in più che al Centro-Sud o comunque lontano dalle aree metropolitane, e fino al doppio se come pietra di paragone si prende una città siciliana".
Le esperte avevano confermato che "nei giorni di Pm10 alle stelle gli accessi di casi gravi al pronto soccorso aumentano fra gli adulti, ma anche tra i bambini". Infine, "se negli anni '80 i bimbi colpiti da infezioni respiratorie fino a 8 volte l'anno nei primi 3 anni di vita e fino a 6 volte dopo erano il 5% circa, ora siamo arrivati al 25%". Un dato quintuplicato in 30 anni. Ma nel determinare questi numeri lo smog conta davvero? E se sì, quanto? E' proprio a queste domande che lo studio vuole rispondere. L'incidenza delle malattie respiratorie nel campione arruolato, in un periodo di 12 mesi, verrà messa in relazione con le variazioni rilevate dall'Arpa nei livelli dei principali inquinanti ambientali: polveri sottili e ultrafini (Pm10, Pm2,5 & C.), ma anche ozono, monossido di carbonio, biossido d'azoto (smog urbano), anidride solforosa e particelle corpuscolate (smog industriale).
"Vogliamo capire - dice Esposito - intanto le reali correlazioni fra smog e patologia, perché un conto è dire che i bambini si ammalano di più e un altro è capire perché si ammalano di una patologia piuttosto che di un'altra. Ma un'altro elemento che valuteremo è la suscettibilità agli inquinanti dovuta a particolari 'assetti' genetici. Esattamente come avviene per i tumori, infatti, anche il Dna può aumentare la vulnerabilità allo smog. Ci concentreremo quindi sui polimorfismi di particolari geni coinvolti nella cosiddetta immunità innata, i primi che entrano in azione di fronte a uno stimolo irritativo infettivo o ambientale". Intanto, però, una cosa è certa: in generale "il bimbo, per sua natura, è esposto a un maggior rischio di danni da inquinamento ambientale" perché tende a respirare più in fretta e con la bocca aperta, ha vie respiratorie più piccole che 'intrappolano' più facilmente gli inquinanti, ha un sistema immunitario in sviluppo ed è più basso, quindi più vicino ai tubi di scarico delle auto.
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