Verona, 19 apr. (Adnkronos Salute) - In Italia un bambino su tre è sovrappeso e uno su dieci obeso con il rischio che nel 50% dei casi lo sia anche da adulto. Una situazione che dovrebbe essere prevenuta soprattutto a scuola. Ma, secondo l'indagine 'Okkio alla Salute' - svolta recentemente nelle scuole dall'Istituto superiore di sanità - se oggi il 70% dei bambini, tra scuole elementari e medie, pranza nella mensa dell'Istituto, su circa 2.200 istituti solo il 68% di queste la possiede. E anche quando la mensa c'è, "nessuno controlla cosa e quanto i ragazzi scelgono". A lanciare l'allarme è l'Andid (Associazione nazionale dei dietisti italiani), in occasione del 24° Congresso nazionale a Verona.
Per sensibilizzare adulti e bambini è in arrivo nei prossimi mesi (edito dall'Istituto Scotti Bassani per la ricerca e l'informazione scientifica - Milano), un Atlante fotografico rivolto agli operatori del settore e alla classe pediatrica, da utilizzare con bambini e genitori, "perché anche a casa la situazione non è migliore", dicono i dietisti. "Se da un lato i menù sono, o almeno dovrebbero essere, preparati da un dietista, quindi bilanciati e adatti alla crescita dei bambini - spiega Giovanna Cecchetto, presidente dell'Andid - dall'altro raramente nelle sale mensa sono controllati gli abbinamenti dei cibi, e meno ancora si verifica che i bambini scelgano correttamente gli alimenti e completino i piatti".
Senza contare poi che i genitori spesso non controllano neppure l'alimentazione a colazione e a cena. Niente da stupirsi: ancora, secondo i dati dell'Iss, tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi il 36% non ritiene che il proprio figlio lo sia. Risultato? Le problematiche iniziate e trascurate da bambini inducono in età adulta a una presa di coscienza e alla modifica dello stile alimentare. Ma è spesso troppo tardi. "La prevenzione dell'obesità infantile - dice Cecchetto - deve iniziare fin da neonati, favorendo il più possibile l'allattamento protratto al seno e tenendo sotto controllo l'eccessivo 'recupero' di peso nei primi anni di vita. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che quasi la metà di bambini obesi resterà tale anche da adulti, favorendo però la prevalenza elevata alla sindrome metabolica, strettamente connessa al tipo di alimentazione, già in età adolescenziale".
Troppi Paesi europei, Italia compresa, sono lontani dal raggiungimento di condizioni soddisfacenti nel campo alimentare. Specialmente i giovanissimi, perché non adeguatamente controllati, assumono troppe calorie da grassi, zuccheri e cibi conservati processati. Difficile, però, correggerne la abitudini. Le metodologie di indagine sulle abitudini alimentari nell'infanzia usate negli studi di letteratura sono differenti, commenta Cristina Cassatella, dietista del Servizio di educazione all'appropriatezza ed Ebm alla Asl Milano.
"Emerge, comunque, chiaramente che fino agli 8-9 anni al bambino manca ancora il concetto di porzione, consumo e di tempo diluito nelle 24 ore. Occorrerebbe lavorare sui genitori ma, anche in questo caso, le informazioni potrebbero essere non del tutto veritiere poiché riferite su dati riportati da chi segue il bambino nell'arco della giornata o su ciò che essi pensano che il proprio figlio abbia mangiato". Per aiutare a promuovere il concetto di porzione fra i bambini, è stato pensato l'Atlante fotografico tridimensionale. "Il volume, distribuito inizialmente in formato elettronico su Cd, costituirà per gli operatori di settore e per la classe pediatrica un valido ausilio volto ad 'educare' le mamme di bimbi da 0 a 9 anni alla corretta preparazione delle pappe, allo svezzamento e allìimpostazione di una sana alimentazione. L'Atlante su Cd - prosegue l'esperta - sarà distribuito su richiesta".
"A una alimentazione scorretta, come se non bastasse, si combina poi la scarsa attività fisica. Solo il 43% dei genitori di figli obesi e fisicamente poco attivi ritiene che questi svolga un'attività motoria insufficiente". Inoltre solo una scuola su 3 ha avviato iniziative a favore di una sana alimentazione e l'attività motoria, con il coinvolgimento dei genitori. "I dati - conclude Cassatella - confermano la necessità di un coinvolgimento maggiore da parte di dietisti, pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, policy makers, al fine di programmare azioni di sanità pubblica in modo coordinato e condiviso tra enti, istituzioni e realtà locali al fine di far conoscere le dimensioni del fenomeno obesità tra le nuove generazioni e fornire suggerimenti per scelte di stili di vita salutari. Impegno che va iniziato all'interno delle scuole e esteso alla famiglia".
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