Milano, 24 lug. (Adnkronos Salute) - La patria delle 'mamme surrogate'? Oggi è l'Ucraina una delle mete più gettonate dagli aspiranti genitori italiani. Ed è caccia ai clienti sul web: alcune cliniche del Paese sono molto attive su Internet nell'attività promozionale destinata al Belpaese. Se si va a caccia di informazioni sulla maternità surrogata il primo risultato nei motori di ricerca è proprio il link a una clinica ucraina che specifica in un home page in lingua italiana prezzi, tecniche e dettagli legali per poter usufruire dei servizi. Sul sito c'è anche il 'contatore' live delle nascite che avvengono in clinica. E i prezzi variano a seconda dei tentativi concessi e dei servizi inclusi. C'è l'offerta che propone un pacchetto a 9 mila euro invece che a 12 mila. E si arriva fino a proposte più articolate che possono costare fino a 30 o 50 mila euro.
Ma dall'Italia si parte anche con destinazione India, Usa, Canada, Creta e Israele. "Da un punto di vista procedurale - spiega all'Adnkronos Salute l'avvocato Giorgio Muccio, che ha seguito diversi casi di coppie finite in tribunale dopo essere tornate in Italia con un bebè ottenuto da madre surrogata - le coppie si presentano all'ambasciata di Kiev per chiedere il cosiddetto passaporto temporaneo per rientrare in Italia con il bebè, presentano l'atto di nascita compilato secondo la legislazione ucraina. Un documento vero dal punto di vista formale, perché fatto secondo una legge che permette la maternità surrogata ma non vero per la legislazione italiana".
La questione, continua il legale, "è che, in base alla Convenzione dell'Aia del 1961, la coppia non fa alcun falso presentando quel documento. Loro non attestano di essere genitori biologici, ma chiedono la registrazione dell'atto di nascita ucraino (ritenuto autentico secondo la legge ucraina) all'ufficiale di stato civile" italiano. "Il documento viene girato dall'ambasciata all'ufficiale di stato civile della località in cui ha la residenza la coppia. Se ci sono dubbi circa l'autenticità parte anche la segnalazione. E ormai succede regolarmente, perché credo che le ambasciate abbiano ricevuto disposizioni in tal senso".
Alcune sentenze, continua Muccio, "hanno comunque concluso che non c'è falso né reato. Maggiori problemi si hanno quando non c'è corrispondenza del Dna del bimbo con quello dei genitori italiani". E' successo per esempio a una coppia di cremaschi, accusata di alterazione di stato civile, alla quale è stato tolto il bimbo e affidato a un istituto. Muccio spiega che, proprio per il Dna incompatibile, "anche a una coppia di Campobasso è stato tolto il bimbo. Abbiamo fatto ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo oltre un anno fa, ma giace ancora lì".
La sorpresa del Dna può avere diverse spiegazioni. "Sono tutte ipotesi. Le cliniche guadagnano al momento del parto, quindi si potrebbe pensare che quando un gamete non risulti ottimale ricorrano a un 'aiutino', utilizzando donatori all'insaputa della coppia. Ma è sempre possibile anche lo scambio accidentale di provetta. A mio parere, per ridurre qualsiasi rischio si dovrebbe poter ricorrere alla maternità surrogata in Italia, e a titolo gratuito. Il nostro Paese potrebbe inoltre impugnare la convenzione nei confronti dei Paesi dove si fa la maternità surrogata, facendo diventare necessaria la legalizzazione dell'attestazione con cui si certifica che un atto è vero non solo per la legge del luogo ma anche per la legge italiana".
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