Roma, 29 gen. (Adnkronos Salute) - "La vita dei nostri bambini è a rischio per colpa di un'improvvisa 'obiezione tecnica' da parte dei nove medici responsabili della somministrazione delle cure compassionevoli con il protocollo Stamina". A denunciare l'illegittimità di questo cosiddetto 'sciopero bianco' sono le famiglie dei pazienti già in cura agli Spedali Civili di Brescia, da poco riunite nel Movimento per le cure compassionevoli, per poter meglio rappresentare i diritti dei propri cari. La neonata associazione "diffida la direzione e i nove medici, allegando al testo parte dei certificati medici con i miglioramenti dei pazienti in cura perchè se ne prenda atto, nel rispetto della privacy di ciascun paziente".
"Ancora una volta ci sentiamo traditi e abbandonati", sottolinea il Movimento in una nota ricordando che "da una settimana la direzione degli Spedali ha interrotto la programmazione delle prossime infusioni, perchè i nove medici preposti alla somministrazione delle cure hanno deciso di deresponsabilizzarsi nei confronti di una terapia interdetta dai Nas di Torino 'a tutela della propria dignità personale', dopo oltre 2 anni in cui hanno somministrato serenamente ai nostri figli le stesse terapie compassionevoli da cui adesso prendono le distanze".
"Non è però possibile ridurre a carta straccia le sentenze favorevoli dei Tribunali del lavoro di tutta Italia - spiega il presidente del Movimento Gianpaolo Carrer - che hanno ordinato agli Spedali il prosieguo delle cure per i nostri malati, garantendo loro quella continuità terapeutica che ora rischia di venire meno e che invece è assolutamente necessaria al mantenimento di una buona qualità di vita. Ricordiamo che le cure compassionevoli sono un diritto garantito dalla legge italiana. L'atteggiamento del personale medico è deontologicamente inaccettabile. Così come quello del commissario straordinario Ezio Belleri che, invece di organizzare l'ospedale in modo che i medici compiano quanto ordinato dai giudici e finora applicato, alza le mani e temporeggia invitandoli ad agire 'in scienza e coscienza'". Le famiglie dei pazienti, se le infusioni non dovessero riprendere, sono pronte a "ricorrere anche alla giustizia penale".
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