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giovedì 13 novembre 2014

Pediatria: in Italia 9 mila bimbi l'anno da baby-mamme, show'Teen mom' scoraggia

Roma, 13 nov. (AdnKronos Salute) - 'Baby-mamme' non solo in Sudamerica, dove fa discutere la campagna choc in un centro commerciale venezuelano con manichini che raffigurano giovani scolare incinte. Il fenomeno della gravidanze precoci riguarda anche il nostro Paese: secondo l'Istat nel 2011 in Italia sono nati 9.000 bambini da madri 'under 19'. Con 1.562 (pari a al 17%) nella sola Regione Campania. Ai dati, presentati a un congresso nazionale dei ginecologi italiani (Sigo, Agoi e Agui), fa da contraltare un'indagine milanese, che stima in oltre 2 mila neonati l'anno i figli delle baby-mamme della Lombardia.

Ragazze con meno di 20 anni, ancora adolescenti ma già responsabili di un'altra vita, divise fra la scuola e le notti in bianco alle prese con biberon e pannolini. Non solo storie a lieto fine, ma anche esperienze di solitudine e sofferenza. Nella regione, secondo il Servizio giovani mamme attivo all'ospedale San Paolo di Milano, "possiamo registrare un trend costante: oltre 2 mila bambini nascono ogni anno da una mamma che ha meno di vent'anni. Un dato che deve farci riflettere su come aiutare queste giovani a vivere il più possibile serenamente la loro gravidanza".

Un recente studio ha però evidenziato che il programma televisivo americano '16 anni e incinta' (Teen Mom), da poco arrivato anche in versione italiana, ha avuto un impatto positivo sui ragazzi: secondo l'analisi, lo show ha contribuito a ridurre del 6% le gravidanze tra gli adolescenti. Secondo Sarah S.Brown, direttore esecutivo del 'National Campaign to Prevent Teen and Unplanned Pregnancy', un'organizzazione no profit che aiuta le giovanissime in attesa di un bebè, "ancora non si comprende a pieno come i media possano influenzare anche positivamente la vita dei ragazzi". Ogni episodio di '16 anni e incinta' segue una ragazza durante tutto il periodo della gravidanza, del parto e delle prime settimane di maternità. "Solo il 40% delle madri adolescenti ha un diploma di scuola superiore - sottolinea Brown - e il 75% proviene da famiglie povere. Ecco che la televisione può contribuire a migliorare anche alcuni aspetti della prevenzione sessuale".

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