Roma, 7 feb.(AdnKronos) - "Una coincidenza astrale" ha portato Giuseppe Dipasquale, direttore artistico del Teatro stabile di Catania, a fare tappa nel Teatro Palladium di Roma, dal 10 al 21 febbraio, con la sua regia di 'Erano tutti i miei figli', opera di Arthur Miller, protagonisti Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini: "Il 10 febbraio è l'anniversario della morte di Miller- dice ad Adnkronos Giuseppe Dipasquale- e questa decisione, puramente casuale, è sembrata una coincidenza simbolica e direi anche astrale giacchè Frank, personaggio di 'Erano tutti i miei figli', ama molto giocare con gli astri". Secondo Dipasquale, Miller è tra gli autori più rappresentativi del Novecento: "Miller è ancora molto attuale - afferma Dipasquale- ha catturato lo spirito del secolo delle due guerre mondiali, e questo è fra i motivi per cui ho scelto 'Erano tutti i mi ei figli' ".
Per Dipasquale, Miller avrebbe interpretato la crisi del Novecento, recuperando il modello della tragedia classica: "Nelle opere di Miller il dramma classico sposa quello borghese moderno. In 'Erano tutti i miei figli' infatti la tragedia scoppia alla fine, come nelle opere classiche, ed è evidente lo scontro generazionale e l'analisi spietata del neocapitalismo, tipico del dramma borghese". Sull'analisi del capitalismo da parte di Miller, Dipasquale punta l'accento: "In 'Erano tutti i miei figli' c'è la critica amara dell' autore nei confronti di un capitalismo malato che non si fa scrupoli a sacrificare vite umane a fronte di un ritorno economico- spiega il regista incalzando sull'attualità del tema- se pensiamo ad un grande industriale europeo dei nostri giorni, avremo il ritratto di Joe Keller, protagonista di 'Erano tutti i miei figli' ".
Nella sua riproposizione dell'opera di Miller, Dipasquale non ha voluto alterare il testo: "Non ho cambiato nemmeno una virgola -dice il regista- tuttavia se Miller immagina che ogni cosa si svolga in una casa degli anni '50, io ho rivisitato l'ambientazione, collocando la scena in una gabbia". La gabbia sarebbe metafora di una prigione: "non solo- dice Dipasquale- è anche simbolo del ruolo protettivo di Joe Keller nei confronti dei suoi familiari e profezia del tragico finale dell'opera".
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