Roma, 12 mag. (AdnKronos Salute) - Chili di troppo davvero insidiosi per la salute dei più piccoli. Non solo diabete, steatosi epatica, danni alla retina e cardiopatie: da grandi i bimbi obesi potrebbero sviluppare anche un deficit cognitivo progressivo fino ad arrivare alla demenza senile o allâAlzheimer. Lo rivela uno studio italiano, condotto dallâOspedale pediatrico Bambino Gesù, appena pubblicato su 'Pediatrics'. I ricercatori hanno scoperto negli adolescenti obesi livelli elevati di una proteina, la beta 42 amiloide, coinvolta proprio nel processo di insorgenza e sviluppo di queste patologie.
Nei pazienti che sviluppano demenza senile e Alzheimer, la proteina si accumula nel cervello formando placche e ammassi neurofibrillari. La ricerca del Bambino Gesù è la prima ad aver indagato i livelli di questa proteina e la correlazione tra obesità infantile e rischio di Alzheimer. Dallo studio, che ha coinvolto 440 giovani (101 bambini tra i 2 e i 6 anni e 339 adolescenti) sia di peso normale che non, è emerso che gli adolescenti obesi e con insulino-resistenza (alterazione del metabolismo molto frequente nelle persone con obesità ) presentavano aumentati livelli di beta 42 amiloide. Quanto più i livelli di questa proteina sono alti, tanto maggiore potrebbe essere il rischio che questi giovani sviluppino demenza senile e Alzheimer in età adulta.
Le alterazioni della proteina non sono state invece riscontrate nei bambini in età prescolare: questo ha suggerito ai ricercatori del Bambino Gesù che gli aumentati livelli di beta 42 amiloide richiedono una lunga esposizione allâobesità e allâinsulino-resistenza. Vale a dire che quanto più a lungo e gravemente il bambino è obeso e insulino-resistente, tanto più elevati sono i livelli attesi di questa proteina che depositandosi a livello cerebrale può causare demenza e Alzheimer.
"L'obesità in sé non è una patologia vera e propria: è piuttosto un insieme di fattori di rischio: di sviluppare malattie cardiovascolari, cancro e oggi sappiamo anche demenza progressiva e Alzheimer", spiega Melania Manco, endocrinologa e ricercatrice del Bambino Gesù. "L'associazione tra obesità , diabete mellito e morbo di Alzheimer è nota. Si parla di Alzheimer anche come diabete di tipo 3, ma è importante aver dimostrato, per la prima volta, che la storia naturale di questa terribile malattia incomincia precocemente, già durante lâadolescenza".
"Ancora una volta, i risultati delle nostre ricerche indicano quanto gravi possano essere le conseguenze dellâobesità pediatrica e quanto importante sia la prevenzione", aggiunge. La pubblicazione dello studio cade alla vigilia dei 30 anni dal riconoscimento dellâOspedale pediatrico Bambino Gesù come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Trent'anni di ricerca 'traslazionale', caratterizzata da un rapporto strettissimo e circolare tra i risultati degli studi e la loro applicazione clinica.
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