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giovedì 3 ottobre 2013

Fecondazione: esperti a Regioni, non tagliare prestazioni ma esami inutili

Roma, 3 ott. (Adnkronos Salute) - Fecondazione assistita in tempi di crisi. Alle prese con la necessità di contenere i costi, le Regioni fanno i conti e alcune prestazioni rischiano di non essere più rimborsate dal Ssn, a scapito delle coppie che ricorrono alla provetta per avere un figlio. "Si possono ridurre i costi, senza penalizzare le pazienti, tagliando i tanti esami poco utili da un punto di vista costo-beneficio, che vengono prescritti a tappeto in via cautelativa". Lo sottolinea Andrea Borini, responsabile del Congresso nazionale di procreazione assistita in programma fino al 5 ottobre a Milano Marittima (Bologna).

Secondo gli ultimi dati, il 15% della popolazione italiana deve ricorrere alla procreazione assistita per coronare il sogno di diventare genitori. Le Regioni stanno discutendo come ridurre i costi anche in questo campo. Il Friuli Venezia Giulia, per esempio, ha già approvato una delibera che prevede di non rimborsare più di tre cicli di fecondazione alle pazienti, una limitazione che potrebbe essere estesa a tutta Italia. E ancora, nessun trattamento sopra i 42 anni. "La domanda che si sono poste le Regioni - spiega Borini - è con quanti trattamenti si possono ottenere risultati accettabili. Cioè trovare un criterio per stabilire quanti cicli e a chi rimborsarli, evitando gli sprechi. E' ragionevole, ma il problema - fa notare - è che gli sprechi non sono qui. Stabilire che dopo tre cicli non ci sarebbero più probabilità accettabili di ottenere una gravidanza non è scientificamente vero: lo affermano gli studi e i registri internazionali e, ora, anche i dati che abbiamo a disposizione".

Dai dati raccolti nei centri Tecnobios Procreazione su circa 2.000 pazienti (per un totale di quasi 2.500 cicli) emerge infatti che in tutte le fasce di età la probabilità di gravidanza rimane stabile su ogni ciclo fino al sesto: tra i 35 e i 40 anni ci si attesta al 32,8% al primo e ancora al 30% al sesto ciclo.

"E' giusto poi valutare - prosegue Borini - quante probabilità ha una coppia che riesce a continuare a sottoporsi a trattamenti. Quella che viene chiamata probabilità cumulativa di gravidanza. Se 100 coppie tra i 30 e i 34 anni iniziano con un primo trattamento e tutte quelle che non ottengono la gravidanza si sottopongono di nuovo a cicli successivi, dopo un massimo di 6 tentativi 86 di quelle coppie avranno la tanto sperata gravidanza. Nella fascia d'età 35-40 anni sono 88. Questo dato aiuterebbe tante coppie a non demordere, a non cedere alla delusione e quindi a non interrompere i propri tentativi dopo 2 o 3 prove", sottolinea l'esperto.

In tempo di crisi, dunque, "è giusto risparmiare sulla spesa sanitaria, ma farlo in questi termini può solo penalizzare chi, non potendo avere un figlio naturalmente, già paga un duro prezzo. Per contenere i costi e offrire magari un ciclo gratuito in più a tutti, invece, si dovrebbero 'tagliare' i tanti esami inutili che tuttora vengono eseguiti, come il cariotipo o le microdelezioni del cromosoma Y, e di cui la Società italiana di fertilità e sterilità sta stilando un elenco".

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