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lunedì 28 ottobre 2013

Pediatria: allergie a proteine latte di mucca per circa 3% bimbi

Roma, 28 ott. (Adnkronos Salute) - Cresce il numero di bambini che soffrono di allergia alla proteina del latte vaccino (Pvl). Circa il 3%, piccoli con meno di un anno di vita che utilizzano alimenti contenenti la proteina sotto accusa e neonati allattati al seno che soffrono il passaggio delle 'sostanze nocive' dalla dieta della mamma al latte. Sono i dati diffusi da Paidòss - l’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza - in occasione del 2nd International Conference and Exhibition on Probiotics & Functional Foods, appena conclusosi ad Orlando (Florida, Usa).

Spesso sottovalutate o misconosciute per la variabilità dei sintomi, o per le manifestazioni assimilabili anche ad altre cause, le allergie da proteine da latte vaccino (le Pvl non sottoposte a processo di idrolizzazione sono contenute non solo nello stesso latte ma anche nel lattosio, nel latte artificiale in polvere e in altri prodotti simili) possono avere invece conseguenze anche importanti e pericolose. Si va dai ricorrenti disturbi gastrointestinali con vomito, rigurgito e dolori addominali, a episodi che coinvolgono le vie aeree con tosse insistente, secrezione nasale e difficoltà respiratorie, fino a reazioni cutanee con eczemi, orticarie, angioedemi (edema delle labbra o delle palpebre) e, nei casi più gravi, arrivare allo shock anafilattico.

Implicazioni, queste, che richiedono approfondimenti clinici e di laboratorio (con test per le IgE specifiche o un prick test cutaneo con latte vaccino naturale o con formula proteica), per definire con certezza il tipo di allergia alle proteine del latte vaccino e impostare la terapia giusta. "Le proteine del latte vaccino â€" spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidòss â€" contenute anche nei latti artificiali, comunque non sottoposte a processo di idrolizzazione, rappresentano una delle cause principali di allergia alimentare nei bambini piccoli con un picco di prevalenza del 2-3% nel primo anno di vita, mentre nei neonati allattati al seno materno" il problema "insorge a causa del passaggio di queste sostanze dalla dieta materna al latte".

Il pediatra ricorda che "in caso di diagnosi accertata con esami specifici per le IgE specifiche o un prick test cutaneo da eseguirsi non prima dei 3 mesi, occorre eliminare dalla dieta le proteine da latte vaccino e, a seconda dell’età del bambino, della sintomatologia e dell’eventuale presenza di altre allergie alimentari, introdurre una formula sostitutiva estensivamente idrolizzata (Ens), con idrolizzati di caseina o di proteine del siero quale una fonte di azoto utile a ridurre il carico antigenico, e una miscela di carboidrati a base di malto destrine altamente digeribili per risolvere gli episodi di rigurgito senza lattosio e evitare le intolleranze secondarie".

"La dieta di esclusione - conclude Mele - con l’impiego di una formula terapeutica che va scelta anche in base al residuo potenziale allergenico, alla composizione della formula, ai costi, alla disponibilità, al gradimento del bambino e all’efficacia, è indicata almeno per 6 mesi o fino all’età di 9-12 mesi. I bambini con reazioni immediate gravi, IgE mediate, devono rimanere in dieta di esclusione per 12 o anche 18 mesi prima di riprendere un’alimentazione normale previa ripetizione del test per le IgE specifiche".

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