Torino, 31 gen. (askanews) - "Scrivere è un calvario, è penoso. Tutto quello che vale la pena essere scritto costa fatica, per una ragione ovvia: non c'è nessun rapporto naturale tra ciò che ci viene in mente e ciò che poi finisce sulla pagina". Parola dello scrittore Gianrico Carofiglio, in libreria con "La regola dell'equilibrio" (Einaudi) che tra oggi e domani tiene a Torino, al Circolo dei Lettori, un corso su come non si diventa scrittori. L'idea è quella di mostrare la via che conduce dritti dritti a non essere pubblicati, così gli aspiranti scrittori potranno regolarsi di conseguenza. Consigli tra l'ironico e la boutade sarcastica che però nascondono una grande verità : "il concetto di soddisfazione e autocompiacimento per ciò che si è scritto è nemico della qualità ".
Attorno alla scrittura ruotano un sacco di luoghi comuni, l'unico che salva Carofiglio è : "scrivere vuol dire riscrivere".
"La prima stesura non è ma quella buona. Conosco diversi scrittori che dicono di aver sempre pronte alla sera due pagine per il loro libro, un po' li invidio" ha aggiunto Carofiglio, che non nasconde però una smorfia di scetticismo. "Scrivere è un lavoro da archeologo, bisogna andare a scavare l'idea che è nascosta tra le pieghe del pensiero, e poi lavorare tra la polvere delle parole di troppo, anche perché spesso occorre capire di che cosa vogliamo parlare in un libro".
Dall'idea al libro il passaggio insomma non è così agevole. "L'idea viaggia anche diversi anni nella testa di uno scrittore senza essere messa su carta" ha spiegato Carofiglio.
"In genere per scrivere i miei romanzi ci metto un annetto, ma ho tempi oscillanti, da un minimo di tre mesi per un romanzo molto breve". (Segue)
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