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lunedì 10 agosto 2015

Medicina: studio italiano spiega come evitare citomegalovirus in gravidanza

Milano, 10 ago. (AdnKronos Salute) - Lavarsi spesso le mani, non baciare bimbi piccoli sulla bocca o sulla faccia, non condividere stoviglie, biancheria, cibo o bevande, non portare alla bocca qualunque possa essere stata nella bocca del bambino. Dal ciuccio, alle mani o ai piedi dei bebè. Semplici norme igieniche che, spiegate adeguatamente alle future mamme, sono in grado di evitare l'infezione da citomegalovirus in gravidanza e quindi l'infezione trasmessa da madre a figlio. L'efficacia di una corretta informazione è stata dimostrata e misurata da uno studio italiano pubblicato su 'EBioMedicine', rivista online di medicina traslazionale nata dallo sforzo congiunto delle redazioni di 'Lancet' e 'Cell Press'.

La ricerca - condotta presso le Cliniche ostetrico-ginecologica universitaria dell'ospedale Sant'Anna della Città della Salute di Torino (diretta da Tullia Todros) e della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia (diretta da Giuseppe Gerna) - ha coinvolto circa 9 mila gestanti con l'obiettivo di valutare l'efficacia e l'accettabilità di un intervento basato sull'identificazione, all'inizio della gravidanza, delle donne ad alto rischio di infezione da citomegalovirus (Cmv) e sulla loro informazione.

Mentre nel gruppo di controllo (madri in attesa non informate) 9 donne su 100 hanno contratto l'infezione da Cmv, solo una su 100 l'ha sviluppata nel gruppo che aveva ricevuto informazioni ad hoc. Chiamate ad esprimere un giudizio alla fine dello studio, il 93% delle donne ha ritenuto che l'impegno richiesto per seguire le norme igieniche raccomandate fosse del tutto proponibile alle donne a rischio di infezione.

Il citomegalovirus - ricorda una nota dalla Città della Salute di Torino - è il principale agente infettivo responsabile di sordità e ritardo psicomotorio congenito. Si stima che ogni anno circa 40 mila bambini negli Stati Uniti, 35 mila in Europa e 2 mila in Italia nascano con l'infezione congenita da Cmv, cioè contratta 'nel pancione'. Il 10-20%, circa 200-400 nel nostro Paese, viene alla luce già sintomatico o svilupperà sintomi più o meno gravi nei primi anni di vita: un numero analogo a quello dei nati con la sindrome di Down.

Il costo sanitario e sociale di questo problema è enorme, avvertono gli esperti. In Paesi come la Germania e l'Italia la spesa diretta di un'infezione congenita da Cmv supera i 60-100 mila euro, mentre le conseguenze per le famiglie colpite sono incalcolabili. La trasmissione al feto è più frequente, e le conseguenze per il bambino sono più gravi, quando la gestante contrae l'infezione per la prima volta durante la gravidanza.

Per ragioni legate alle caratteristiche del virus, il Cmv è frequentemente e abbondantemente presente nelle urine e nella saliva dei bambini al di sotto dei 3 anni di vita e una delle più frequenti modalità di infezione avviene quando si portano inavvertitamente alla bocca mani o oggetti contaminati. Per questo gestanti sieronegative, ossia suscettibili all'infezione primaria, che hanno frequenti contatti con bambini piccoli per ragioni familiari o di lavoro sono a elevato rischio di contrarre l'infezione. Circa i due terzi di tutte le infezioni primarie avvengono infatti in donne alla seconda gravidanza o alle successive.

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